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CODICI: dal Tribunale di Milano una doppia vittoria storica contro il greenwashing. Le prime due decisioni in Italia

Una giornata di giustizia per i consumatori e per la verità. Il Tribunale di Milano ha accolto due ricorsi promossi da Codici, riconoscendo l’ingannevolezza di numerose comunicazioni commerciali a tema ambientale e ordinandone la rimozione immediata dai canali pubblicitari di due aziende operanti nei settori moda e ristorazione.


È un risultato epocale – dichiara con orgoglio Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici –. In un momento in cui il greenwashing rischia di diventare la regola anziché l’eccezione, queste ordinanze ristabiliscono un principio fondamentale: il rispetto della verità e della trasparenza verso i consumatori”.


Il Tribunale ha accertato che alcuni green claims, come “alti standard di sostenibilità”, “impatto zero” o “rispetto dei più elevati standard internazionali”, non erano supportati da prove verificabili, e pertanto risultavano idonei a fuorviare il consumatore medio, configurando vere e proprie pratiche commerciali ingannevoli ai sensi del Codice del Consumo. Secondo i giudici, per non essere ingannevole, una dichiarazione ambientale deve:


1. essere chiara, specifica, inequivocabile e accurata;

2. basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili;

3. evitare riferimenti vaghi e generici ai benefici ambientali;

4. tenere conto di tutti gli aspetti rilevanti del ciclo di vita del prodotto o servizio;

5. essere coerente con la natura del prodotto offerto;

6. se comparativa, basarsi su confronti pertinenti, verificabili e significativi rispetto a prodotti analoghi.


Ancora più importante è il segnale lanciato dalla giurisprudenza milanese rispetto all’abuso di marchi “certificativi” non regolamentati da autorità pubbliche. In entrambi i casi, il Tribunale ha ritenuto che l’uso di tali marchi deve essere utilizzato purché chiaramente accompagnati da avvertenze sul loro carattere privatistico. Tuttavia, quando associati a claim vaghi, ambigui o suggestivi, tali marchi sono risultati strumentali a pratiche scorrette e pertanto passibili di inibizione. A seguito delle decisioni, entrambe le aziende sono state obbligate a rimuovere i messaggi pubblicitari contestati entro il 30 settembre 2025, con una penale di 1.000 euro per ogni giorno di ritardo e per ciascuna violazione.


È una vittoria doppia – prosegue Giacomelli – perché arriva dopo un una decisione negativa del Tribunale e della Corte d’Appello di Bologna che esprimeva un orientamento totalmente in contrasto con le Direttive 2005/29/CE e 2024/825, ragione per la quale Codici ha già chiesto alla Commissione Europea l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia. Questa volta, i giudici hanno approfondito e riconosciuto che vendere ‘sostenibilità’ senza prove concrete è una truffa al consumatore. Ed è anche un segnale forte per le istituzioni: la lotta al greenwashing non può più attendere. Queste due ordinanze - conclude Giacomelli - sono un punto di svolta. Rappresentano giustizia, chiarezza e tutela dei cittadini. Ora chiediamo che Milano non resti un caso isolato, ma l’inizio di una nuova stagione per il diritto dei consumatori e per una vera sostenibilità”.

 
 

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